sabato 21 aprile 2012

Perche' ho manifestato il 23 ottobre 2008


Il 23 ottobre ero a manifestare, come altre 20mila+ persone, per le vie di Pisa, contro la 133. Mentre me ne tornavo a casa, chiedevo a me stesso perche' fossi li` a manifestare: non che non ci fossero motivazioni, ma c'era qualcosa di profondo, un senso di disagio, che non ero ancora riuscito a mettere a fuoco. Poi, dalle parti di Ponte di Mezzo, ho di colpo capito e razionalizzato cosa fosse la cosa che mi dava realmente fastidio.

Mia nonna paterna era analfabeta: contadina, nata nel 1900, non si mandavano a scuola le bambine: e lei firmava con la croce. Poi, piena di volonta`, da sola aveva imparato a leggere e (poco poco) a scrivere. Ricordo ancora le sue cartoline, che mi mandava quando andava ai fanghi (aveva avuto un terribile incidente al busto, da giovane), con l'indirizzo scritto tutto tremolante. Mio nonno paterno era ferroviere: a piedi ogni giorno andava da Massa a Forte dei Marmi, controllando binari e traversine; e tornava, all'andata un binario, al ritorno l'altro: il giorno dopo, stessa solfa, da Massa a Luni; e poi pensionato, e contadino. Lui sapeva scrivere e leggere, aveva frequentato la quinta elementare. Quattro figli, mio padre il penultimo.

Mia nonna materna aveva studiato sino alla quinta elementare; casalinga prima della guerra mondiale, si era ritrovata vedova (nonno morto nel 1946 di tubercolosi, prima teneva la contabilita` di una piccola azienda marmifera), con tre figli piccoli (mia madre la piu` grande, 14 anni) da tirare su, e una casa semi disastrata dalla guerra: si era rimboccata le maniche, era andata in fabbrica, e ha tirato avanti.

Mio padre sembrava aver attitudine, dei quattro figli, allo studio: e quindi dopo la quinta elementare (finita nel 43), la scuola media (finita un po' dopo la guerra), era andato alle scuole alte, i geometri; gli altri fratelli erano un sarto, un operaio in zona industriale, una casalinga, tutti con la quinta elementare. Con il suo bravo diploma di geometra in tasca, ha prima esercitato un pochino, e poi e` passato nell'amministrazione pubblica (provincia di Massa). Mia madre, con una famiglia disastrata, era riuscita non di meno a diventare infermiera professionale, poi assistente sanitaria, e infine aveva trovato un impiego al locale dispensario antitubercolare. In un'Italia, degli anni 50, dove il messaggio era: se lavori, ti impegni, ti sbatti, hai le capacita`, ce la puoi fare. Un'Italia che e` andata avanti con queste piccole formichine: con piccole cessioni del quinto per ingrandire la casa, dove la mamma sferruzzava nel tempo libero (per risparmiare sui maglioni) e il babbo faceva le marmellate e la conserva, per risparmiare qualche soldo durante l'inverno. Ma il messaggio era chiaro: ti impegni, ottieni: io ero bravino alle scuole elementari: e quindi facevo lo sfaticato. Mio babbo mi cinghiava (eh si`), perche' importante non era portare a casa l'8, ma che fosse "faticato".

Io e la mia sorellina siamo cresciuti cosi`, con l'idea di impegnarsi: siamo finiti io laureato in fisica, lei in giurisprudenza; lei piu` brava, con anche un diploma di pianoforte. Io lavoro all'universita` di Pisa, dove sono tornato dopo anni all'estero, la mia sorellina nella pubblica amministrazione.

Cosa mi da` realmente fastidio, dunque? Aver realizzato che l'Italia in cui vivo ora, e che lascero` ai miei figli, e` completamente diversa: e` un'Italia dove il messaggio "impegnati, e vedrai che avrai successo" e` falso. La speranza che un bimbo di oggi possa fare un percorso analogo, di crescita (culturale, economica, personale) e` praticamente vicino a zero; e sicuramente non dipende solo dalle sue forze. Un'Italia dove se i miei figli studiano e si impegnano, li sfottono, perche' il futuro e` di chi riesce a fottere il prossimo. E` un'Italia barbara: dove al povero viene detto che se e` povero e` colpa del povero accanto, e non del regalo fatto, via Alitalia, a una manciata di super ricchi; dove si urla contro lo statale ammalato, e ci si dimentica che dall'agosto 2008 sono riammessi i voli di stato con ministri, sottosegretari, amici, parenti, e chi piu` ne ha piu` ne metta.

E` pesantemente cosi`: mio figlio, terza media, frequenta la stessa scuola di mia figlia, prima media. Ma ha un'ora di scuola in piu` di mia figlia, perche', nel giro dei tagli, a mia figlia un'ora e` saltata. Poi per fortuna e` una scuola meravigliosa, con un comitato genitori splendido, e si rimedia frugandoci in tasca e pagando un insegnante per l'ora mancante: ma e` giusto? E` giusto che i miei figli, solo perche' babbo e mamma se lo possono permettere, siano avvantaggiati rispetto agli sfigati? E perche' devo essere io a pormi il problema anche per chi mi sta accanto, che e` magari piu` povero di me e inneggia ai tagli alla scuola sprecona? In un'Italia cosi`, mio padre e mia madre difficilmente ce l'avrebbero fatta, e questo mi sembra terribilmente ingiusto.

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